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"Il mondo si divide in tre categorie di persone: un piccolissimo numero che fanno produrre gli avvenimenti; un gruppo un po' più importante che veglia alla loro esecuzione e assiste al loro compimento, e infine una vasta maggioranza che giammai saprà ciò che in realtà è accaduto".

martedì 12 maggio 2020

INCONTRI RAVVICINATI IN ITALIA


CAPONI FILIBERTO 


Nato nel 1970 a Pretare di Arquata (AP), dove risiede tuttora, si diploma alla scuola d'arte, specializzandosi come ceramista e restauratore. Il 9 maggio 1993 il giovane sta rincasando al termine di una serata passata con gli amici. Mentre sta parcheggiando l'auto in garage ode un suono lamentoso, simile al verso di un animale notturno. Scende dalla macchina e nota un involto tondeggiante che giace al suolo; il suono lugubre proviene da lì. Filiberto suppone che si tratti di un animale chiuso in un sacco; con circospezione si avvicina al fagotto e lo tocca con la punta di un piede. L'involto sembra srotolarsi. Dal suo interno si alza e si dà alla fuga una singolare creatura alta circa 70 centimetri, dotata di piccole braccia e di gambe proporzionalmente più lunghe e forti, che al giovane sembrano fasciate con bende. L'esserino salta via e si allontana di corsa. Non riesce a evitare un muretto, contro cui va a sbattere, prima di scavalcarlo e sparire nella notte. Attonito, Filiberto entra in casa e narra ai genitori l'evento cui ha assistito. Durante la notte, sente ancora il verso struggente della creatura; si affaccia alla finestra e la vede ancora. Anche il padre afferma di averla intravista per qualche istante. Nell'arco di sei mesi Filiberto Caponi incontra la creatura cinque volte, riuscendo a fotografarla con una Polaroid in quattro occasioni. Intervistato dagli ufologi del CUN, il ragazzo descrive accuratamente il suo aspetto fisico: "La testa è sferica con due occhi frontali e allungati ai lati; questi ultimi sono fissi e, visti da vicino, sono simili a quelli di una mosca, a nido d'ape, come un insieme di tanti punti neri, lucidi, quasi di plastica". Gli occhi hanno un taglio ovale e non si chiudono; il volto "non mostrava alcun movimento, tranne quello della bocca che si apriva e chiudeva in continuazione, la bocca è umida, segno di una certa salivazione e le gengive dure; non ho visto denti, né lingua. La testa si girava in continuazione, ma non sembrava che guardasse soltanto me, come se stesse curiosando o se fosse in allarme. La bocca, vista di profilo, ha una forma vagamente a becco e ricorda quella di una tartaruga. La pelle è ruvida, raggrinzita e rugosa, mentre quella della testa è completamente liscia, ma macchiata. La testa e il petto sono chiazzati di bianco e di giallo. Le gambe sono snelle e muscolose, con polpacci molto sviluppati. Nelle mani si distinguono tre dita, ma l'essere non le muove e non muove neanche le braccia, che sono esili e vi si distingue la fibra muscolare che viene contratta nei movimenti, anche se impercettibili, perché appaiono atrofizzate. Le mani sono pressoché immobili: vi si notano appena le dita, solo quando imprime un movimento alla spalla". Filiberto descrive poi un particolare inquietante: due tubicini fuoriescono dal torace del presunto alieno. "I tubi gli escono e rientrano nella pelle, però sembrano una cosa in più, che non c'entra niente con la struttura dell'essere, quasi fossero un'aggiunta. I tubi si muovono, anche se poco, mentre la pancia sembra immobile, come se non respirasse". Il ragazzo conclude la sua meticolosa descrizione ritornando sul particolare delle gambe della creatura, che lo hanno particolarmente impressionato: "Sono la parte più forte, più potente, considerando il modo in cui corre. Ha due sole dita nei piedi, una leggermente più lunga dell'altra, forse il pollice. E infine ci sono da notare tre gobbette sul dorso; lui appoggia la nuca in corrispondenza della prima, che è la più grande. Non ha mai emesso alcun suono comprensibile. Il suo verso è composto da due colpi secchi e precisi alternati da un lamento regolare". Le foto, che hanno fatto il giro del mondo, mostrano nitidamente la creatura, seduta, in piedi sotto un lampione e in altre posture. 


L'ufologo Timothy Good, specializzato nello studio di incontri ravvicinati del terzo tipo, dedica al caso Caponi un capitolo del suo libro Rivelazioni da altri mondi. L'esperienza vissuta e documentata da Filiberto Caponi cagiona una lunga serie di problemi al giovane e ai suoi familiari. Il paese piomba nel caos; le autorità ricevono ogni giorno richieste di spiegazione da parte della cittadinanza allarmata. Intervengono così la magistratura e i carabinieri: dopo aver perquisito ogni angolo dell'abitazione della famiglia Caponi, invitano il ragazzo a ridimensionare la vicenda, per evitare che il diffondersi delle notizie sul presunto alieno possa turbare la quiete pubblica e magari varcare le frontiere italiane per diffondersi ovunque. Il contenuto del rapporto dei carabinieri è sconosciuto; qualcuno sostiene che abbiano trovato una notevole quantità di plastilina, ipotizzando che possa essere servita per modellare un pupazzo, fatto poi passare ad arte per una creatura vivente. L'ambiente ufologico italiano tende in effetti a non riconoscere la veridicità del caso Caponi e ritiene la creatura fotografata nient'altro che un pupazzo. L'esperienza artistica di Filiberto, buon disegnatore e artista plastico, sarebbe un ulteriore elemento a rinforzo di tale tesi. Le sue apparizioni televisive e la pubblicazione del libro (Se torni fatti vivo) dedicato al suo incontro ravvicinato hanno riacceso il dibattito sulle due ipotesi non convenzionali, ovvero che si sia trattato di una creatura extraterrestre sopravvissuta a un UFO-crash, oppure del prodotto (sfuggito a un laboratorio) di sperimentazioni biogenetiche condotte in segreto. Gli abitanti di Pretare di Arquata considerano l'alieno di Caponi come la mascotte del loro paese e l'hanno battezzato affettuosamente "Mazzamorello", come il folletto presente nel folklore di molte regioni del Meridione. Personalmente, ritengo che la creatura di Caponi non sia il prodotto di tecniche artistiche e tantomeno sia costituito da plastilina. Ho analizzato le foto insieme a uno scultore professionista, un esperto di SFX e un regista cinematografico. I loro pareri sono concordi: il pupazzo è nato nel laboratorio di un professionista o comunque un conoscitore di effetti speciali cinematografici. L'alieno è stato realizzato con una sofisticata tecnica mista, finalizzata esclusivamente a renderlo credibile. La plastilina che i carabinieri hanno trovato nel garage del giovane non costituisce un indizio: essa serviva a Filiberto per il suo lavoro artistico. Attraverso il sito robertomalini.com e il portale ufoitalia.net abbiamo proposto una nuova lettura del caso: e se Filiberto Caponi fosse stato vittima inconsapevole di una messinscena? Un piano ben architettato e messo in atto da professionisti dell'effetto speciale, di cui forse il ragazzo non si rese conto o ebbe il sospetto quando ormai aveva arricchito di dettagli nati dalla suggestione la realtà di ciò che aveva osservato? Se è vero che Ascoli Piceno è nota per la qualità artistica delle sue ceramiche, è altrettanto vero che nel capoluogo marchigiano è viva una tradizione relativa a trucchi e tecniche teatrali e cinematografiche, tanto che è attivo in città uno studio di effetti speciali conosciuto e apprezzato in Italia e all'estero. Sono ipotesi che devono coesistere, fino a prova contraria, con l'eventualità che dietro i racconti e le foto di Caponi sia avvenuto realmente un fenomeno che non non siamo in grado di spiegare convenzionalmente.


CECCONI GIANCARLO


Maresciallo pilota dell'Aeronautica Militare Italiana. Verso le 11.30 del 18 giugno 1979, a bordo del suo cacciabombardiere G-91 R-1, sta rientrando all'aeroporto di Sant'Angelo di Treviso, sede dell'unità di cui fa parte, il 14° Gruppo del 2° Stormo Caccia Bombardieri Ricognitori. Improvvisamente i radar dell'aeroporto segnalano la presenza di un oggetto volante non identificato nel cielo sopra la base. L'oggetto compare anche sui radar della vicina base Vittorio Brigadin di Istrana. Guidato da terra, Cecconi si dirige verso l'UFO, che è a forma di cisterna, di colore nero, lungo circa 8 metri e largo 3, sormontato da una cupola chiara. Si trova a circa 2.100 metri di quota. Il pilota si avvicina il più possibile, giungendo fino a 70/80 metri dall'obiettivo. L'oggetto si alza, fino a raggiungere circa 3.900 metri di quota. Cecconi lo avvicina in una serie di passaggi e con le fotocamere lo riprende in ottantadue fotografie in bianco e nero. Il personale della base, munito di binocoli, segue tutte le fasi dell'operazione, finché l'oggetto non si dilegua. Le autorità identificheranno in seguito il corpo volante come un pallone-giocattolo "UFO Solar", molto in voga tra i ragazzi all'epoca. Il fatto che l'oggetto sia stato rilevato dai radar, la presenza di una cupola bianca sulla sua parte superiore, la sua immobilità durante i passaggi del cacciabombardiere pongono comunque qualche dubbio sulla corretta interpretazione del fenomeno.

CORTILE LINDA


Conosciuta anche sotto lo pseudonimo di Linda Napolitano, è protagonista di uno dei casi più clamorosi che la letteratura ufologica possa annoverare. La notte del 30 ottobre 1989 i coniugi Napolitano dormono nel loro appartamento al dodicesimo piano di un grattacielo di Manhattan (New York); nella stanza di fronte alla loro riposano i loro due figli maschi. Alle tre del mattino Linda si sveglia e si accorge con sgomento di essere completamente paralizzata; è in grado di osservare attorno a sé, ruotando gli occhi, ma non riesce a comandare ai suoi muscoli di compiere il minimo movimento. Trascorrono alcuni istanti e allo sbigottimento si sostituisce il cieco terrore: tre creature semiumane dalla pelle grigia, le teste sproporzionatamente grosse e neri occhi a mandorla penetrano nella stanza e si avvicinano al letto. La signora Napolitano teme che quegli esseri mostruosi intendano far del male ai suoi familiari, sorprendendoli nel sonno. Gli inquietanti visitatori le si accostano e la toccano; la donna nota che la loro statura è simile a quella dei nani. Il loro tocco produce l'effetto di farla balzare fuori dal giaciglio e levitare nell'aria, rannicchiata in posizione fetale. Quindi, accompagnata dalle creature, si accorge di uscire dalla stanza volando e attraversando la finestra chiusa. Dall'alto, sopra il grattacielo, un raggio blu scende sulle quattro figure e le attira verso una sorgente luminosa, un disco sospeso nell'aria. Linda si ritrova all'interno del-l'UFO, supina su un tavolo. È abbagliata da forti luci e circondata da strane apparecchiature. Intorno a lei si danno un gran daffare i suoi rapitori, che maneggiano strumenti mai visti. Le inseriscono all'interno di una narice una punta roteante. Si sente trapanare fino al cervello e prova un dolore insopportabile. La signora Cortile forse perde i sensi; in un attimo si ritrova accanto al marito, nella camera da letto del loro appartamento di Manhattan. Si alza e corre nella camera in cui dormono i suoi figli. Li trova distesi nei loro letti, ma sono rigidi e non respirano. Dopo alcuni minuti, tuttavia, le loro membra si rilasciano e i loro petti riprendono a muoversi al ritmo respiratorio. Il mattino successivo Linda telefona al noto ufologo Budd Hopkins e gli racconta nei dettagli la disavventura vìssuta. Lo studioso la convince a sottoporsi a ipnosi regressiva.Durante il trattamento, Linda ricorda che le creature misteriose le hanno inserito un piccolo oggetto in fondo alla narice sinistra; riaffiorano inoltre alla sua memoria altri rapimenti subiti negli anni precedenti e altri esami effettuati sul suo organismo dagli esseri grigi. Una radiografia rivela in effetti un minuscolo corpo cilindrico nella testa della donna, corpo che misteriosamente scomparirà pochi giorni dopo, estratto dai visitatori -come riferirà Linda -nel corso di un altro rapimento. Il caso di Linda Cortile, comunque, non finisce qui. Sei mesi dopo l'incontro con la rapita, Budd Hopkins riceve una lettera da parte di due guardie del corpo. I due gli riferiscono che la notte del 30 ottobre 1989 stavano accompagnando in auto un importante uomo politico, quando - come altre auto in transito sul ponte di Brooklin - si sono dovuti fermare per l'improvviso spegnimento del motore. Uno dei due agenti ha notato, alzando casualmente gli occhi, un disco luminoso fermo nell'aria al di sopra di un grattacielo di Manhattan. Scambiandosi di tanto in tanto un binocolo, i testimoni hanno così osservato tre umanoidi ("le creature più brutte che avessimo mai visto") che uscivano da una finestra al dodicesimo piano dell'edificio, levitando nell'ariada notte. Le guardie raccontano ancora del raggio traente di colore blu all'interno del quale le quattro figure sono sparite dentro l'astronave. La lettera riporta infine alcuni particolari sconosciuti alla stessa Linda Cortile. Dopo essere ripartito verso l'alto, TUFO si è fermato per qualche istante nel cielo nero, quindi è sceso verso il fiume Hudson e si è immerso nelle sue acque. Due settimane più tardi, Hopkins riceve un'altra lettera; questa volta è una donna a raccontare le fasi del rapimento, cui ha assistito trovandosi -come tanti altri - in panne sul ponte di Brooklin. Per quanto riguarda l'identità dell'uomo politico, si dice che fosse Perez de Cuellar, Segretario generale dell'ONU a quel tempo. e accompagnando una donna in camicia.

F
ACCHINI BRUNO



 
Operaio specializzato in costruzioni meccaniche, sposato e padre di un figlio. La sera del 24 aprile 1950 si trova nella sua casa in periferia di Abbiate Guazzone (Varese). Verso le 22 esce a prendere una boccata d'aria e nota uno scintillio in direzione dei tralicci dell'alta tensione. Recatosi sul posto, all'inizio non rileva niente di strano, poi una luce lampeggiante richiama la sua attenzione; in prossimità di un gelso osserva un ovoide largo circa 10 metri e alto 7. Sulla superficie dell'oggetto, percorsa da una griglia, si apre uno sportello rettangolare da cui scende una scaletta. Una luce verdastra proviene dall'interno. Dalla parte alta dell'ovoide scende un'altra scala. Facchini scorge alcuni strumenti simili a manometri e bombole. Avvicinatosi fino a 4-5 metri dall'oggetto, nota tre o quattro individui alti circa un metro e settanta, coperti da scafandri, che saldano alcuni tubi esterni. Uno di loro sì trova su un elevatore meccanico. Le maschere degli scafandri sembrano piene di liquido, attraverso cui l'uomo scorge i volti biancastri degli umanoidi. Pensando a un velivolo militare in avaria, Facchini si rivolge agli esseri chiedendo loro se abbiano bisogno di aiuto.



Quelli emettono una serie di suoni gutturali e sembrano volerlo condurre all'interno dell'uovo metallico. Preso dal panico, l'uomo inizia a correre in direzione opposta. Con la coda dell'occhio, vede una delle entità sollevare una specie di apparecchio fotografico che porta al collo e puntarlo nella sua direzione. Un raggio di luce colpisce Facchini alla schiena, facendolo cadere al suolo e sbattere la testa con violenza contro una pietra di confine. Al termine delle riparazioni, gli umanoidi risalgono sullo strano velivolo ronzante, che si stacca dal suolo con un suono simile a una frustata. Stordito e dolorante, l'uomo rientra nella sua abitazione. Il mattino dopo, tornato sul luogo dell'atterraggio, nota quattro impronte circolari con diametro di circa un metro, l'erba bruciata e residui metallici granulosi e lucenti, che raccoglie. La stampa dà ampio rilievo all'avventura di Facchini; sul posto giungono gli agenti della questura di Varese e, in seguito, tecnici militari. L'anno successivo i campioni metallici vengono fatti esaminare dal genovese Renato Vesco, pioniere dell'ufologia italiana. Si tratta di bronzo con elevata percentuale di stagno e aggiunta di piombo.





FRANCHINO DIEGO

Protagonista di un caso di IR4 o IR5 che ho studiato personalmente attraverso numerosi incontri con il testimone, la cui serietà e la cui credibilità non possono essere messe in discussione. Diego descrive una serie di esperienze da lui vissute nell'infanzia, adolescenza e giovinezza. Si tratta di eventi reali, osservati in stato perfettamente cosciente, seguiti da visioni oniriche. L'evento destinato a rimanere impresso indelebilmente nella sua memoria avviene una notte del 1977 a Collegno, in provincia di Torino. "È l'ora di andare a dormire - racconta Diego, che all'epoca aveva 10 anni - si spengono le luci e solo i lampioni della strada, filtrando dalla finestra del bagno, illuminano l'entratina che dà sulla mia stanza. Ho paura, quella sera, sento qualcuno da tempo che mi spia, ma non lo vedo. Non sono i soliti terrori dei bambini, ma qualcosa di più reale. Dal letto, continuo a fissare la tenda rossa che divide l'entratina dal corridoio e dal salotto. Continuo a fissarla; non riesco a staccare gli occhi da quel punto, finché un 'omino' esce finalmente allo scoperto: testa grossa pelata, occhi obliqui stretti, naso assente (soltanto due forellini, credo, ma la luce è scarsa), bocca simile a un taglio orizzontale sottile, mani scarne, magre e lunghe. Una parte del torace sporge da dietro la tenda: è minuto anche quello, colore uniforme sul grigio scuro ma, come ho detto, la luce è poca. L'essere mi fissa per cinque o sei secondi, non di più, con un'espressione che sembra, ai miei occhi infantili, di rimprovero e poi scompare. Non l'ho più rivisto. La paura mi tiene immobile per diversi secondi; mi copro con il lenzuolo fin sotto gli occhi e, sperando di essere riuscito a mimetizzarmi come un camaleonte, cerco di prendere sonno. Sono passati quasi venticinque anni, ormai, ma è solo da poco che riesco a parlare di quel lontano evento che osservai in stato perfettamente cosciente." La creatura descritta da Diego Franchino è il classico Grigio osservato da tanti testimoni di incontri ravvicinati del terzo tipo e protagonisti di casi di abduction. Da allora il fanciullo, che oggi è un affermato professionista, è al centro di singolari esperienze proseguite nella sua adolescenza, giovinezza ed età adulta. Si tratta di eventi reali anomali alternati a visioni oniriche. Il caso Diego Franchino permette di esplorare, attraverso i territori più interni della psiche umana, i significati racchiusi nell'esperienza del contatto con le intelligenze che chiamiamo "alieni", esperienza che corrisponde - sul piano dell'inconscio - a una rinascita universale.

FRANCHINO RENZO

Evento UFO dei primi anni '30. Renzo vive a Collegno, in provincia di Torino, la nona città del Piemonte per numero di abitanti. I collegnesi sono gente pratica e attiva, generosa e industriosa, sempre al lavoro per migliorare le proprie condizioni di vita e quelle della comunità. Renzo ha oggi 77 anni e non aveva mai raccontato, se non ai familiari e agli amici più intimi, l'esperienza che visse nella primavera del lontano 1930 (forse 1931), un evento che la sua razionalità non è mai riuscita a spiegare in maniera soddisfacente. All'epoca, quando aveva solo 5 o 6 anni, abitava a Torino in via Cumana, al quinto piano. Quella sera, verso le 22.30/23.00, il cielo era sereno e senza luna. "Sono sul balcone che guarda verso ovest e noto una luce bianca senza alone e senza luci intermittenti. L'oggetto luminoso, la cui direzione iniziale è ovest-est, si avvicina al mio punto di osservazione; l'intensità della sua luce rimane sempre la stessa. Per almeno tre minuti buoni osservo quella sfera bianca che non crea alcuna scia né diffusione luminosa attorno a sé. È sempre più vicina". Renzo è stupefatto: nel 1930 non si parlava di UFO come oggi. "Lentamente, ma senza distogliere lo sguardo dalla sfera, mi ritraggo appena all'interno della stanza. L'oggetto luminoso compie una leggera curva verso sud e poi punta di nuovo verso ovest, fino a passarmi sopra. A quel punto, spaventato, scappo in casa". Renzo si emoziona ancora, nel narrare le fasi di quell'avvistamento e si dispiace di non aver avuto la saldezza di nervi e la presenza di spirito per continuare a seguire con gli occhi il tragitto del globo volante, ma era solo un bambino. Pratico e dotato di logica, l'uomo possiede tuttavia anche una mano eccellente di disegnatore e, dietro mia richiesta, incoraggiato dal figlio, realizza con l'inchiostro di china un'illustrazione di quell'avvenimento scolpito nella sua memoria. Testimonianza che ho raccolto personalmente.

LONZI VALERIO


Protagonista nell'estate del 1982 di un celebre evento - divulgato attraverso i giornali nel 1993 e reso celebre grazie al libro di Corrado Malanga .Gli UFO nella mente - Interferenze aliene (Bompiani, Milano, 1998) - da inquadrarsi nel campo delle presunte abduc-tion. All'epoca Valerio Lonzi, genovese, ha 15 anni e trascorre le vacanze in un campo scout nei pressi di Reppia, in località Pian della Biscia, sui monti fra Chiavari e Sestri Levante.Una sera, verso le 22, osserva nel bosco, insieme ad alcuni compagni, una strana sfera che sembra fatta di vetro smerigliato, appoggiata a terra. La sfera è caratterizzata da una luminescenza di colore verde chiaro e ha le dimensioni dì una palla da bowling. Uno dei ragazzi punta una torcia elettrica verso l'oggetto che, investito dalla luce artificiale, perde lentamente di luminosità e consistenza, fino a scomparire. I giovani si dirigono senza esitare sul luogo dell'avvistamento, a poco più di 10 metri da loro. Lì vedono un'orma circolare piuttosto profonda, come se la sfera fosse sprofondata nella terra erbosa. Alla luce di una torcia, si accorgono che l'erba all'interno dell'orma è gialla e contrasta con quella verde che cresce tutt'attorno. Valerio tocca l'impronta con una mano e rileva che è calda. I ragazzi non sanno spiegarsi l'accaduto; decidono di concedersi un breve riposo e si danno appuntamento a mezzanotte per recarsi nel campo delle ragazze. Alle 23 Valerio si sveglia particolarmente accaldato. Uscito dalla tenda, assiste a un altro evento sorprendente: "Scorgo un mio amico, addetto al fuoco, fermo con il collo penzoloni e sembra che abbia tre sfere, come quella che avevamo visto prima, che gli girano attorno. Le tre sfere poi si muovono verso di me". Il ragazzo accende d'istinto la torcia e la punta in direzione dei tre globi, che si attenuano fino a sparire. A quel punto l'amico si sveglia, incapace di spiegarsi cosa sia accaduto. I due ragazzi si interrogano a vicenda, poi scoprono che è mezzanotte e un quarto. La torcia è fulminata e ha il vetro rotto. Non sanno darsi ragione di cosa sia avvenuto nell'ultima ora. L'evento ha un ulteriore seguito: "Ho già iniziato a dimenticarmi di tutto a casa, ma dopo la doccia mia madre mi ferma e mi chiede che cosa abbia fatto alla schiena. Io non ne so nulla ma mia madre parla di strani segni che ho sulla schiena. Mi guardo allora allo specchio e vedo tre cicatrici, come dei sottili fili rossi orizzontali collocati in fondo alla schiena, lunghi circa 15 centimetri e ben distanziati. Quando vado dal dottore, questi mi chiede quando e perché fossi stato operato. Per lui quei segni erano cicatrici dovute a sutura". Sottoposto a ipnosi regressiva, Valerio Lonzi racconta nei particolari una serie di esperienze in cui si dice vittima di rapimenti da parte di entità extraterrestri, che lo perseguiterebbero sottoponendolo a esami medici e sofisticati interventi chirurgici.

su italia uno

Ecco la puntata di bivio su italia uno:




LOTTI ROSA




II mattino del 1 ° novembre 1954, festa di Ognissanti, la casalinga Rosa Lotti si reca a messa nella chiesa di Cennina, frazione di Bucine (Arezzo). Percorrendo un viottolo di campagna, con le calze e le scarpe in mano, vede tra i cespugli un fuso marrone verticale, alto circa due metri e largo uno e venti. Nel mezzo dell'oggetto si apre uno sportellino, posto tra due oblò. Rosa sta per oltrepassare l'oggetto, quando da dietro una ginestra escono due esseri alti circa un metro, dalle fattezze umane, piuttosto piacevoli alla vista. Comunicano tra loro in un linguaggio incomprensibile. Sorridono. Hanno piccoli denti bianchi e occhietti vispi. Indossano una tuta grigia aderente, una giubba dai bottoni luminosi e un mantello. Hanno un casco sul capo, con dischetti all'altezza delle orecchie. Con fare delicato, uno dei due le prende dalle mani una calza e alcuni fiori destinati alla Madonna. Rosa protesta e la creatura le restituisce una parte dei fiori, poi estrae un oggetto cilindrico marrone e lo protende verso di lei. Forse è un dono ma la donna ha paura e si allontana precipitosamente, lasciandosi alle spalle quegli esseri fiabeschi. Qualche anno più tardi, durante la mietitura, Rosa Lotti e altri contadini vedranno un disco volante passare nel cielo sopra i loro campi dorati.
proiezione automatica inconscia. Da ragazzo ero convinto che i testimoni di avvistamenti fossero visionari o mitomani." 



MALINI ROBERTO


(Roberto Malini, è l'autore del libro, dal quale ho attinto le fonti di questa sezione).Il racconto di un'esperienza come testimoniano le cronache dei quotidiani dell'epoca, il 6 giugno 1983 vengono registrate centinaia di segnalazioni di avvistamenti provenienti dall'Italia, Svizzera, Francia e Spagna. Quel giorno si verifica anche uno dei più importanti episodi di osservazione UFO e di entità extraterrestri (IR3) mai avvenuti in Italia, che ha come testimone d'eccezione l'ufologo Roberto Malini. Malini, che all'epoca ha 24 anni, vive a Milano, con la sua famiglia d'origine, al quattordicesimo piano di una palazzina di via De Angelis 12, nei pressi dell'ospedale di Niguarda. La sera del 6 giugno 1983 è affacciato alla finestra della sua stanza, al buio. Il cielo è sereno, l'aria piacevole. A un certo punto, tra le 22.30 e le 23, alla luce dei lampioni scorge qualcosa di sorprendente nei giardini di via Padre Luigi Monti (a non più di 200 metri di distanza dalla sua posizione), non lontano dal marciapiede, due o tre metri entro il prato: le sagome di due uomini magrissimi, ancora più filiformi rispetto a persone di costituzione esile, neri, con teste calve e allungate, vestiti in modo così aderente da sembrare nudi. Sull'erba, le due figure maneggiano dei tubi fosforescenti. Unendo i tubi con grande rapidità, costruiscono un parallelepipedo vuoto all'interno. Il ragazzo li osserva stupito: è strano come riescano ad assemblare quell'oggetto senza particolari operazioni di giuntura e di collegamento meccanico. Anche le due figure intente alla misteriosa operazione sono strane. Si muovono lentamente, rigidamente, sembrano strani manichini che però agiscono con sicurezza. Per qualche istante Malini pensa razionalmente che qualcuno stia provando le scene di un film di fantascienza, ma non ci sono impianti luminosi né cineprese intorno alla scena. Improvvisamente, una specie di lampada circolare - o faro - si accende dall'interno del parallelepipedo e un fascio di luce chiarissima, intensa, abbagliante, lo raggiunge sul viso, inondando la sua stanza. Prova un grande stupore e si allontana con uno scatto dalla finestra. Sente le membra rigide e pesanti; fa fatica a compiere anche il più semplice movimento. La sua stanza appare come illuminata dal più potente dei neon. "In un primo momento ho avuto la sensazione che qualcuno "fotografasse" me e l'ambiente in cui mi trovavo", dichiara Malini in un'intervista. "Un ambiente più vasto della mia camera: 360 gradi intorno al parallelepipedo luminoso. Si trattava, però, a livello intuitivo, di una fotografia capace di cogliere anche le mie sensazioni, i miei pensieri, la mia "storia". Per un istante mi sono ribellato a una sorta di violazione della mia intimità. Si trattava di una luce "carica" di energia, la cui "sostanza" ricordo bene ancora oggi". Quando ritorna il buio il ragazzo, semiparalizzato, si affaccia di nuovo lentamente alla finestra. Le due figure sono ancora lì, con il parallelepipedo fosforescente. Nel mezzo del congegno non è più visibile il faro. Trova sempre più difficoltà a muoversi ed è ammutolito, incapace di chiamare i familiari. In un primo momento attribuisce il fenomeno alla sorpresa, ma si tratta di qualcosa di diverso. Si sente come fuori dal tempo o, meglio, in un tempo rallentato e tutt'oggi ha un vuoto di memoria che va dal momento del suo riaffacciarsi alla finestra all'apparizione del grande velivolo. L'UFO si mostra in lontananza nel cielo, come una luce in rapido avvicinamento. Quando la sua struttura diviene ben visibile, avvengono emissioni di luci e raggi. Malini ha l'impressione che ci sia interazione tra le figure a terra, il loro parallelepipedo e i fenomeni luminosi provenienti dall'oggetto volante, ma questo è un ricordo confuso, affiorato successivamente. L'oggetto volante si compone di tre grandi sfere luminose, poste in fila e collegate tra loro e di due sfere più piccole, situate appena sotto il globo centrale. A un certo punto i globi di minor dimensione si allontanano e quindi si ravvicinano alla sfera mediana. L'UFO passa quasi sopra il suo punto di osservazione, sicuramente a bassa quota. È grande almeno il doppio di un campo di calcio, è silenzioso ed emette una lunga scia. Le sfere luminose non hanno alone e il testimone ha l'impressione che siano costituite da "luce solida". Sul fianco di ciascun globo appare, come inciso, un cerchio simile a un "oblò". Quando TUFO si allontana, Malini guarda l'orologio: è trascorso almeno un quarto d'ora in più rispetto a quanto si aspettasse. Il racconto della sconvolgente esperienza, così preciso è dettagliato, proviene da una persona di assoluta attendibilità, per di più fortemente scettica - prima dell'episodio - riguardo ai fenomeni UFO. "La , mia posizione", dichiara successivamente Malini,"non era lontana da quella espressa da }ung nel libro Un mito moderno, secondo cui la figura del rotundum, disco o sfera, è un classico archetipo e rappresenta il desiderio inconscio di compiutezza, di perfezione; corrisponde a una proiezione automatica inconscia. Da ragazzo ero convinto che i testimoni di avvistamenti fossero visionari o mitomani."


ZANFRETTA PIER FORTUNATO

Pier Fortunato Zanfretta (Nova Milanese, 28 dicembre 1952) deve la sua notorietà al fatto di sostenere di avere vissuto, tra il 1978 e il 1981, undici episodi di incontro ravvicinato del terzo e quarto tipo (IR3/4) con esseri alieni.

Zanfretta descrive questi alieni come di pelle grigia e increspata, alti quasi tre metri, grandi punte sulla testa e occhi triangolari gialli; egli dichiara che proverrebbero dalla "terza galassia". Gli alieni sarebbero chiamati "Dargos".

All'epoca Zanfretta era metronotte presso la cooperativa Istituto Val Bisagno di Genova, e i presunti incontri ravvicinati sarebbero avvenuti proprio durante i pattugliamenti che egli svolgeva per lavoro nella città e provincia.

La storia di Zanfretta, come quella di altri contattisti, risulta a tutt'oggi non verificabile.Gli sviluppi del caso Zanfretta
Il dibattito scatenatosi in merito alle sedute di ipnosi regressiva cui è sottopo, l'inizio del 1979 Pier Fortunato Zanfretta, protagonista di un controverso incontro ravvicinato del terzo e quarto tipo, merita qualche nota di approfondimento. Le sedute sono condotte dal professor Mario Moretti. Come si legge sul quotidiano "Il L; del 28 gennaio 1979, il professor Sirtori e altri esponenti della cultura scientifi novese dichiarano che si è trattato di plagio nei confronti del testimone; il para logo Michele Giovannelli sottolinea come, al rientro dall'ipnosi, non siano state tuate determinate procedure seguite da altri esperti del campo, per cui suppone teste non sia caduto in stato ipnotico profondo. Secondo lo psicologo Guido R; per definire "scientifica" una seduta d'ipnosi il rigore da tenere dovrebbe essere so e ben maggiore. Molti ritengono che il caso sia stato strumentalizzato diven una sorta di "lotta tra colleghi". Di fatto, Zanfretta rimane nello sconforto più circondato da diffidenza, coccolato da certi ambienti, ma non protetto nella gè della vicenda che, di fatto, gli procura solo problemi, specie lavorativi. Il 7 febbrai' mo si sottopone spontaneamente al "siero della verità". La seduta, programmata lano presso il centro Internazionale di Ipnosi Medica e Psicologia, è guidata dal tore generale del centro, il professor Marco Marchesan, il quale somministra i fretta per endovena del "pentotal", sostanza che rimuove il lato conscio della p portando all'ipnosi. Indiscussa è la serietà del centro, associato tra l'altro alla Federation for Mental Health. Tre sono i testimoni: Giuliano Bonavici (dirigent* Val Bisogno), Rino di Stefano (giornalista del"Corriere Mercantile") e Lucianc cone (inquirente CUN). La seduta si protrae per 75 minuti, durante i quali Zar conferma quanto precedentemente dichiarato, aggiungendo qualche nuovo dal Di seguito, riportiamo le testimonianze rilasciate nel tempo.
- La storia ufologica di Zanfretta è precedente al primo incontro e risale pr mente al 16 febbraio 1977, quando vede zigzagare nel cielo notturno un oggetto cione a forma di sigaro con tre finestrini quadrati e due sfere luminose sulla co esce un raggio luminoso che lo colpisce. Vicino a lui c'è una persona con la testi le e le mani in tasca che sparisce dopo avergli chiesto: "L'hai visto?"
- Zanfretta incontra molte volte quest'essere simile a un uomo, che sembra re il tramite e il vettore del fenomeno.
- È avvicinato e rapito da esseri verdi, con occhi gialli, pelle rugosa, vene ross denti sul capo, bocca con una specie di reticolo dall'apparenza metallica, dita con tose" in punta.
- Le creature comunicano attraverso impulsi emanati tramite la griglia.
- Sono molto alti.
- Si chiamano Dargos.
- Hanno unità di tempo e di spazio diverse dalle nostre.
- Provengono da un pianeta morente, Titania, grande quattro volte la Terra.
- Sono alla ricerca di un nuovo pianeta adatto a loro su cui andare a vivere; quando lo avranno trovato, spariranno dai nostri cieli.
- Zanfretta viene portato diverse volte dentro l'astronave, non solo nei due episodi sopra citati ma anche il 2 dicembre 1979, il 15 febbraio 1979, il 30 marzo 1979, il 5 maggio 1979, il 31 luglio 1979, il 15 febbraio 1980 e il 28 agosto 1980.
- L'astronave, all'interno, è molto calda e piena di luce, ha forma triangolare; esternamente non è molto grande, ma all'interno sembra una città piena di umanoidi e delle loro macchine.
- Gli esseri lo visitano e analizzano con molta cura per mezzo di un oggetto freddo posto sul suo petto; esaminano attentamente i suoi occhi, gli pongono molte domande.
- Gli mostrano diapositive e foto di suoi amici, di ufologi a lui noti, di colleghi e di altre persone sconosciute.
- Gli mostrano un grande cilindro di vetro pieno di un liquido blu; contiene strane creature pelose simili a esseri preistorici, orrendi uccelli simili a pterodattili e un essere abitante un altro pianeta, somigliante a un rospo.
-1 Dargos offrono a Zanfretta una prova della loro esistenza, una sfera trasparente con all'interno una piramide dorata rotante, che l'uomo rifiuta.
- Successivamente accetta la sfera, la nasconde, dimentica dove l'ha custodita. La vicenda legata alla sfera è controversa e nebulosa. Lo stesso Zanfretta dichiara in seguito di ricordare dove sia e che anzi, si reca dov'è custodita abbastanza spesso; aggiunge che avrebbe dovuto consegnarla ad un ufologo di fama internazionale che purtroppo è nel frattempo deceduto.
L'ultimo capitolo della vicenda risale al 2002. Durante una trasmissione radiofo-i nica su RTL ("Totem"), Zanfretta dichiara di avere un impianto metallico di origine sconosciuta nel cervello, ma di non essere intenzionato ad autorizzarne l'estrazione, perché teme che l'intervento possa causare danno alla sua salute. Tutta la vicenda presenta - in conclusione - contorni e caratteristiche difficilmente giudicabili; ciò che appare chiaro è che il caso ha chiaramente evidenziato tutti i limiti di una serie di pratiche tanto caldeggiate da una parte dell'ufologia, come l'ipnosi regressiva, che non può essere considerata una tecnica "probante". Come ha affermato lo stesso professor Marchesan, che sottopone il teste al siero della verità, ciò dimostra solo che il teste non mente durante la seduta, ma non che ciò che viene riferito sia una verità oggettiva. Il teste 
può essere in buona fede e credere realmente di aver vissuto certi eventi. Le ripetute sedute possono inoltre generare una maggiore confusione nel teste il quale, tra l'una e l'altra, è portato inevitabilmente a elaborare e inglobare quanto vissuto e quanto dedotto da altri.
L'esperienza procura comunque numerosi problemi a Pier Fortunato Zanfretta il quale, per la natura stessa del suo lavoro (che presuppone la detenzione di un'arma da fuoco), si vede costretto a dimostrare la sua sanità mentale e il suo equilibrio psichico. I dati d'avvistamento redatti prima e dopo gli eventi raccontati, e riferiti al territorio in questione, registrano un numero consistente di segnalazioni UFO già a partire dal 30 giugno 1978. Alle 21 del 6 dicembre 1978, cioè quasi tre ore antecedenti il primo incontro ravvicinato di Zanfretta, qualcuno segnala una luce a triangolo in transito verso Torriglia. Fra le numerose pubblicazioni che descrivono il caso, si segnala Luci nella notte, libro inchiesta di Rino Di Stefano, recentemente ripubblicato dalla De Ferrari di Genova. (MC) .


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