
L’Italia è sotto il tiro di grandi poteri finanziari mondiali, che hanno
deciso di ridurne drasticamente il comparto industriale per
trasformarla in un Paese arretrato di tipo feudale. A rivelare questa
congiura, che casualmente coincide con l’attuale recessione, è il libro
“The Conspirator’s Hierarchy: The Committee of 300” del dottor John
Coleman (“La gerarchia del cospiratore: Il Comitato dei 300”),
pubblicato in inglese dalla World Int. Review di Las Vegas, negli Stati
Uniti. Questo libro, giunto ormai alla quarta edizione mondiale, non è
mai stato tradotto in italiano.
E, se lo si legge, se ne capisce anche il perché. Infatti, in questo
volume di 465 pagine viene spiegata la strategia che sarebbe stata
adottata dal club dei potenti più forte al mondo, appunto il Comitato
dei 300 fondato dall’aristocrazia inglese nel 1727, per ridurre
drasticamente il numero di quelli che vengono definiti “useless eaters”
(letteralmente “mangiatori inutili”), riportando le economie nazionali a
un livello pre-industriale. In altre parole, secondo loro, sarebbe
necessario riportare la popolazione mondiale a livelli precedenti il
Novecento.
Il potere, sempre secondo questi signori, deve essere concentrato nelle
mani di pochi, ricchissimi e potentissimi finanzieri (si fanno chiamare
The Olympians, considerandosi simili ai mitici dei greci dell’Olimpo), i
quali decideranno che cosa sia meglio per tutti, Paese per Paese. I
primi tre a essere presi di mira, cioè quelli dove dovrebbe essere
adottata questa strategia di impoverimento della popolazione, sarebbero
Italia, Argentina e Pakistan.
Ma prima di entrare nel merito della questione, ampiamente e
dettagliatamente spiegata nel libro, vediamo di conoscere un po’ meglio
l’autore. John Coleman, Ph.D. (cioè titolare di quello che in Italia
chiamiamo un dottorato di ricerca), classe 1935, è un ex agente del
servizio di spionaggio britannico M16, successivamente trasferitosi
negli Stati Uniti.
Qui, dopo aver acquisito la residenza, ha scelto di diventare cittadino
americano. Studioso di fama mondiale, considerato uno scienziato della
politica ed un economista, autore di decine di libri pubblicati in otto
diverse lingue, Coleman è arrivato alla conclusione che la finanza e la
politica dell’intero globo siano realmente nelle mani di un Comitato di
300 notabili che decidono le sorti del pianeta. Non si tratta di una
scoperta del tutto nuova.
Già nel 1909 era uscito un articolo in tedesco (“Geschàftlicher
Nachwucs” di Walter Rathenau), nel quale veniva spiegato per la prima
volta che ciò che accadeva nel mondo era opera di un gruppo ristretto di
individui che agiva secondo una precisa e meditata strategia. La
Rivoluzione Russa, la Prima Guerra Mondiale, l’ascesa di Hitler e la
Seconda Guerra Mondiale, non sarebbero affatto casuali. Tutto sarebbe
stato ordito e organizzato da potenti finanzieri che agivano secondo uno
schema preordinato. Coleman ci avrebbe messo 35 anni per verificare
questo assunto.
E dopo una miriade di interviste ad ammiragli, capi dei Servizi Segreti,
ufficiali di alto rango, politici, banchieri ed economisti, è giunto
alla conclusione che quel Comitato dei 300 esiste davvero. E in fondo al
suo libro riporta i nomi dei passati e dei presenti membri di quel
sodalizio. Compresi quelli degli italiani che ne facevano, e ne fanno,
parte.
E’ curioso notare che tra gli antichi fondatori del Comitato dei 300,
ispirato alla The East India Company britannica, si trovassero diversi
rappresentanti della nobiltà nera veneziana e genovese. Aristocratici,
questi ultimi, che avrebbero ancora oggi “scanni” tra le fila dei 300.
Del resto, non tutti sanno che la casata di Windsor degli attuali
regnanti britannici, venne così definita dal re Giorgio V nel 1917, ma
avrebbe dovuto chiamarsi più propriamente casata dei Guelfi, una delle
più antiche famiglie della nobiltà nera di Venezia, dalla quale
discendeva la regina Vittoria.
Vediamo dunque un po’ più da vicino che cosa scrive Coleman. Prima di
tutto, l’attuale Comitato dei 300 sarebbe presieduto da Etienne
Davignon, diplomatico, politico e dirigente d’azienda belga, più volte
Commissario europeo, proveniente da una delle più blasonate famiglie
dell’aristocrazia del vecchio mondo. Davignon, infatti, è anche
visconte, nonché presidente del Gruppo Bilderberg, l’altro sodalizio
esclusivo degli industriali e dei magnati della finanza internazionale.
Il Bilderberg sarebbe una delle organizzazioni controllate direttamente
dal Comitato dei 300.
Per la cronaca, ne fa parte anche l’attuale Presidente del Consiglio,
professor Mario Monti (“Il Club Bilderberg” di Daniel Estulin, Arianna
Editrice, pag. 273). Secondo Coleman, Davignon sarebbe uno strenuo
difensore della teoria della deindustrializzazione, con crescita zero.
Una prova sarebbe il Piano Davignon del 1981 che promosse la riduzione
della produzione siderurgica, la fine dei sussidi pubblici al settore e
un drastico ridimensionamento del numero degli addettiEtienne Davignon.
Una strategia, questa, che venne poi sposata anche dal presidente
Reagan, con disastrose conseguenze per l’industria americana, a tutti i
livelli e fino ai giorni nostri.
Ebbene, ad un certo punto il Comitato dei 300 avrebbe deciso di mettere
in pratica la propria politica di contenimento industriale per ridurre
la “surplus population” (cioè la “popolazione in eccesso”) in Italia,
Argentina e Pakistan. “Attualmente l’Italia è di fatto sotto il
controllo di segreti governanti designati dalla loggia P2 della
Massoneria – scrive Coleman – . Le corporazioni dirigono l’Italia. I
partiti dell’opposizione italiana definiscono lo status quo
corporativismo fascista”.
La cosa più singolare riguarda il metodo adottato dai 300. Coleman
sostiene che la loro politica sia quella di sostenere in tutto il globo
una diffusione della sinistra politica, sull’esempio dei Socialisti
Fabiani. Stiamo parlando di un movimento politico e sociale istituito
nel 1884 a Londra col nome di Fabian Society. Si ispirava a Quinto Fabio
Massimo, detto “il temporeggiatore”, che contro Annibale aveva usato
una strategia attendista di lento logoramento. Il fabianesimo credeva,
appunto, ad una graduale evoluzione della società attraverso riforme che
portino passo dopo passo verso il socialismo.
Il marxismo, invece, crede in un cambiamento repentino e rivoluzionario.
Una volta imposto il modello socialista, i 300 lo controllerebbero
dall’alto, impedendo che vi siano contestazioni o rivolte. Dunque, una
sinistra che verrebbe controllata da una dittatura occulta e
potentissima a livello planetario. Ovviamente, nessuno dei sudditi dei
regimi socialisti potrebbe mai immaginare che quei governi siano stati
voluti da una ristrettissima cerchia di super miliardari che, di fatto,
avrebbero costituito un Nuovo Ordine Mondiale.
Per quanto ci riguarda, la notizia più clamorosa che ci dà Coleman la si
legge a pagina 47, dove viene raccontata la tragedia di Aldo Moro.
Secondo quanto riporta il libro, l’attentato di via Fani, il rapimento e
l’uccisione dello statista furono progettati e portati a termine dal
Comitato dei 300. Altro che Brigate Rosse. I terroristi ci misero la
faccia e l’organizzazione, ma l’operazione sarebbe stata manovrata
interamente dai 300. Moro, infatti, si opponeva alla “crescita zero” e
alla riduzione della popolazione italiana che sarebbe stata
commissionata dai 300 al Club di Roma.

“Il 10 novembre 1982, in un tribunale di Roma, un buon amico di Moro (si
trattava di Corrado Guerzoni n.d.r.) testimoniò che l’ex primo ministro
venne minacciato da un agente del Royal Institute for International
Affairs (RIIA) che era anche un membro del Comitato dei 300 e Segretario
di Stato. Il testimone disse che quell’uomo era Henry Kissinger –
scrive Coleman – L’ex primo ministro Moro venne rapito dalle Brigate
Rosse nel 1978 e successivamente brutalmente ucciso a colpi di pistola.
Fu al processo dei membri delle Brigate Rosse che diversi di loro
testimoniarono di essere a conoscenza del coinvolgimento ad alto livello
degli Stati Uniti nel complotto per uccidere Moro. E uno di essi
coinvolse Henry Kissinger in questo complotto omicida. Quando Moro venne
minacciato, ovviamente Kissinger non era più al servizio della
diplomazia americana, ma piuttosto agiva secondo le istruzioni ricevute
dal Club di Roma, il braccio politico estero del Comitato dei 300.
Questa notizia non venne mai diffusa da nessuno dei media o delle
stazioni televisive”